Chiesa Chiesa di Sant'Antonio Abate - Erice

La Chiesa di Sant'Antonio Abate è uno degli edifici religiosi più antichi della città di Erice . Si trova in una zona periferica di Erice, nei pressi del cimitero ebraico, lungo la strada che da Porta Spada porta ai Quartieri Spagnoli. La chiesa originaria fu probabilmente edificata nel XIII secolo.

Durante l' epidemia di peste del 1625 fu utilizzato come luogo di quarantena. Nel 1541 fu aggiunta a quella originaria una seconda navata, fiancheggiata da colonne toscane . Era una delle quattro parrocchie di Erice, ma quando l'afflusso di parrocchiani diminuì a causa dell'esodo dei dintorni , venne chiusa al culto agli inizi del XX secolo.

Negli anni Cinquanta venne adibito a colonia estiva e venne sopraelevato un piano, che stravolse l'aspetto dell'edificio e ne modificò completamente l'interno, con la sua rara pianta a due navate. L'edificio è stato recentemente restaurato con cura e ha recuperato il più possibile le linee originarie. Insieme alla Chiesa di Santa Caterina d'Alessandria rappresenta quanto di più emblematico e affascinante che Erice possa offrire ai suoi visitatori.

Nel novembre del 1955 un affresco raffigurante un santo, che originariamente decorava uno dei pilastri dell'arco ogivale che separava le campate dell'aula, fu staccato per essere rimontato nel Museo Regionale Pepoli di Trapani , dove ne sono esposti i resti. L'opera deve essere datata tra la fine del XII secolo e l'inizio del secolo successivo, ma è più probabile una datazione successiva, alla fine del XIV secolo . L'immagine mostra un santo che benedice con la mano destra, mentre tiene un cartiglio con la mano sinistra. La figura mantiene la pacatezza tipica dell'iconografia bizantina. "Questo affresco presenta un'intensa vivacità cromatica e un contorno fluido che suggeriscono un'origine 'colta', opera di un ignoto pittore di formazione bizantina, appartenente a quel gruppo di artisti la cui circolazione nei monasteri italo-greci di Sicilia e Calabria a partire dal è stato dimostrato su larga scala.

Willem Vandenameele