Il sentiero di monte Piano prende avvio dal paese e con andamento circolare percorre le propaggini più orientali dell'Argentario, non troppo lungo e neanche troppo pendente. Fornace è strettamente legato al sovrastante altopiano dell'Argentario fin dal nome, il quale deriverebbe dai forni fusori nei quali anticamente veniva lavorato il materiale estratto delle numerose miniere d'argento della zona. Procedendo lungo il percorso non si può non rimanere colpiti dagli squarci aperti dalle cave di porfido, la pietra di origine magmatica che ha sostituito gli antichi metalli preziosi quale locale fonte di ricchezza. Percorrendo l'altopiano si entra invece in contatto con il mondo delle canope. È difficile immaginarsi che per gran parte del Medioevo questo luogo che ci appare oggi come un ameno susseguirsi di dolci prati e verdi boschi sia stato una sorta di bolgia infernale nella quale migliaia di uomini perforavano il sottosuolo con una fitta rete di gallerie orizzontali e di pozzi verticali , per cavare con pericolo e fatica la preziosa galena argentifera. Il sentiero, prima di scendere a Fornace, transita presso l'imbocco di una delle canope meglio conservata e più vasta: la canopa del Raita, la quale appare come un antro inquietante che sprofonda nella roccia. La leggenda vuole che dei nani avesse scavato per i padroni di Trento tutto l'argento disponibile in quel florido sottosuolo. Dopo averlo portato a Trento vennero festeggiati durante un sontuoso pranzo dato in loro onore. La leggenda si tinge di drammatico quando ricorda che questo pranzo in realtà risultava essere una trappola nella quale tutti quei poveri minatori trovarono la morte per avvelenamento. Altra leggenda molto simile e dalla quale probabilmente prende spunto, narra che Bernardo Clesio detto Bernardo Cles voleva far abbassare le arie ai minatori delle vene d'argento della città, invitò quindi i loro rappresentanti ad un banchetto nel castello e fece servire per tutti cibi avvelenati. I minatori morirono, ma Cles, che pure aveva mangiato gli stessi cibi, no: pare avesse assunto un controveleno a base di marangolo, una sorta di arancio amaro. Nonostante la leggenda, nel cortile del Buonconsiglio l'albero del marangolo c'è.
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Fornace, Trento, Italia
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